In un villaggio africano

 
aula scolastica: un bimbo africano albino

"E' bello impararare" 
(image by Albinos in Africa Killed for their organs - tonksred300 -)



In un piccolo villaggio d’Africa.
Il bianco e il nero. La differenza.
Il bianco,  che stona con  il nero.
Il bianco, che è  esclusione istintiva dal gioco e dal piacere di imparare.
Il bianco, la differenza che non si conosce.
La differenza, che l’ignoranza traduce in discriminazione.

In un piccolo villaggio d’Africa, uno tra tanti
Non importa il nome perché è uno tra tanti.
E’ un piccolo villaggio d’Africa.
E’ uno tra tanti, reale, non di fantasia.

Di buon mattino, ogni giorno, in un piccolo villaggio d’Africa, bambine e bambini si incamminano verso la scuola, chiudendo nel pugno di una mano l’elastico che  raccoglie e lega un quaderno a righe e un quaderno a quadretti.

Di buon mattino, ogni giorno, in un piccolo villaggio d’Africa, anche  Adu, si incammina verso la scuola.

Cammino, tenendomi ad una certa distanza dagli altri, come se stessi tra me e me, pensieroso.
Ma i miei occhi, sottecchi, osservano,
le mie orecchie, indisturbate, odono.

La sua immaginazione inizia a lavorare su ciò che vede e ciò che ode.

Le risate e i gioiosi gesti mi fanno ridere e gioire, proprio come se stessi in mezzo a loro. Rido e gioisco con loro.
Saltellano. E io saltello con loro, speranzoso.

Ad un certo punto, iniziano a parlare di scuola.

<<Hai studiato?>>
<< Sì, certo!>>
<< Bene allora ti interrogo, come fa la maestra. Cos’è un fiume? Cos’è un lago? Cos’è un mare?>>

Io ascolto e imparo. E’ bello imparare!

<<Hai fatto il tema, che ci ha assegnato la maestra?>>
<< Sì, ho scritto due pagine di quaderno!>>

Io non ho fatto il tema. Le pagine del mio quaderno a righe sono ancora tutte bianche.

Eccoci davanti alla scuola.

Timoroso, affretto il passo per accorciare le distanze.
Iniziano i canti e le danze, a ritmo di tamburo.
Mi faccio coraggio, mi infilo in mezzo a loro, per cantare e danzare con loro.
Ma vengo respinto.
Ci  riprovo. Ma c’è sempre qualcuno che mi spinge via.

Festosi entrano, per imparare cose nuove.

Provo ad entrare anch’io, ma vengo  allontanato.
Allora, torno indietro, verso casa, stringendo nel pugno della mia mano l’elastico che raccoglie e lega i quaderni di scuola.
Ci riproverò domani!
Oggi, mi hanno solo fatto un brutto scherzo.
Domani mi faranno entrare, perché io voglio imparare.

Di buon mattino, ogni giorno, per molti giorni a seguire, in un piccolo villaggio d’Africa,
Adu si incammina verso la scuola, speranzoso.
Ma ogni giorno, camminando lentamente, con la testa bassa e le orecchie tese a sentire ciò che non ode mai:
<< Adu, vieni , abbiamo scherzato!>>,
ritorna a casa.

Le pagine del suo quaderno sono ancora bianche.
Adu non sa scrivere. Adu non sa leggere.
Sa solo che cos’è un lago, che cos’è un mare, che cos’è un fiume…sa solo le cose sentite, camminando verso la scuola.
Non sa neppure com’è fatta una scuola! Nessuno lo ha fatto mai entrare, in una scuola.

Ora, ormai ventenne, è seduto  lì, ai margini di una strada, con il palmo di una mano teso verso l’alto e la testa china.
Le pagine del suo quaderno a righe sono sempre rimaste bianche, come la sua pelle.
Adu è bianco.
Adu è albino.