DESOLADO. La diversità e i sogni

DESOLADO  - (un)Sunny

La divesità e i sogni

DESOLADO, cortometraggio di Victor Nores
¿Qué pasaría si no existiera el sol?
¿O al menos las nubes pudieran ocultarlo?
Tito imagina un mundo donde los girasoles no tienen la necesidad de mirar al cielo, donde la luna hace horas extras para sacarle una sonrisa… ¿
Y por qué?

Albinismo News
intervista Victor Nores


Tito, 8 anni, ha un sogno: giocare a pallone.
Un sogno di facile realizzazione, diremmo noi, per un bambino della sua età.
Basta poco. Un pallone, innanzitutto. Poi, altri bambini (e bambine, perché no) e un campetto improvvisato, ossia un pezzo di strada non trafficato o un cortile dove non ci siano vetri da frantumare o un pezzo di prato, e due pietre o due barattoli o due “altro”, che servano a delimitare i confini di una porta.
Ma per Tito non è così. Tito ha due ostacoli che si frappongono tra lui e il suo desiderio: il sole e la vista. Entrambi gli impediscono di stare in campo: l’uno ustionerebbe la sua pelle, l’altro gli impedirebbe di vedere dove corre il pallone e di calciarlo all’occorrenza. Tito è albino. La sua melanina è troppo poca perché colori la sua pelle e i suoi occhi, schermandoli dai raggi nocivi del  sole, e perché dia ai suoi occhi una struttura ben funzionante.
Ce la farà? Calcerà la palla? Si farà amico il sole? Ci sarà qualcuno a sostenerlo, a incoraggiarlo?

Desolado, cortometraggio di Victor Nores



Making of DESOLADO
,
un cortometraggio di
Victor Nores








Victor, perché hai scelto di parlare di albinismo?

Circa 3 anni fa, navigando in internet, sono venuto a conoscenza del dramma delle persone albine in Africa: pelle chiara ed indifesa, ipovisione, discriminazione, persecuzione (Scusate la semplificazione nel descrivere una problematica così complessa e, per certi versi, assurda). Il mio mestire mi consente di parlarne. Perchè non farlo, mi son detto. Allora ho scritto la sceneggiatura di un cortometraggio da girare in Africa. Per vari motivi, però, non ultimo quello economico, ho dovuto apportare una variazione al mio progetto iniziale: girare il mio cortometraggio in Spagna. Anche da qui, posso parlarne.

Perché un bambino come protagonista?
Ho voluto affrontare il tema dell’integrazione sociale di una diversità visibile (visibile, non sempre nella sua interezza e complessità) nell’età dell’innocenza, quando nell’agire emerge spontanea la positività: tutto è possibile, ogni sogno è realizzabile, non c’è un limite che tenga. E non c’è diversità che tenga! E, quando la situazione lo richiede, si fa gioco di squadra e si vince.
Tito ha due hobby, il calcio e la pittura, hobby che richiedono un’ottima vista. Parlavo prima di albinismo come diversità parzialmente visibile, nel senso che l’albinismo è anche vista scarsa. Questo non sempre è evidente e noto a tutti. Io, infatti, non lo sapevo! Non sapevo che albinismo significa anche ipovisione. Ora lo so e, attraverso il cortometraggio, ne parlo ad altri. Semplicemente informo.

E’ stato proprio così? Tito realizza il suo sogno? I suoi coetanei sono con lui? Tito è uno di loro?
Sì, decisamente sì!
Tito era deciso a giocare a pallone! E ce l’ha fatta!. Tra i suoi coetanei non si sente come il brutto anatroccolo, deriso e allontanato. E’ uno di loro.
Un bambino albino, con la sua pelle chiara e la sua ipovisione, è esattamente uguale agli altri bambini della sua età: i sogni, il modo di pensare, … non si pone limiti, per lui il sole e la vista non costituiscono un ostacolo. Il suo sogno era giocare a pallone e ce l’ha fatta!
Siamo noi adulti, che temendo si ferisca, sia nella mente che nel corpo, tendiamo a proteggerlo più di quanto sia necessario, ponendo un freno, talvolta anche a semplici azioni quotidiane. Tito impara da sé quali sono i suoi limiti e  come aggirarli, anche facendosi male, magari sbucciandosi un ginocchio più e più volte! E lui che guida noi grandi e, spesso, ci rassicura: “non temete, ce la posso fare”.
Questo mi fa pensare che, qualunque sia la condizione di ognuno di noi, qualunque sia la propria diversità, tutto è possibile. Un sogno va portato avanti. Se si cade ci si alza, se si ricade ci si rialza, ancora, e poi ancora, finché il sogno si realizza. Ce lo insegnano loro, i bambini.

E’ stato facile trovare il piccolo protagonista?
No, affatto! Dovevamo trovare un bambino albino che desiderasse giocare a pallone e dipingere. Inoltre, genitori che dessero il consenso di “esporlo” al pubblico.
Con l’aiuto di Monica Puerto dell’associazione Alba, abbiamo trovato Manuel Montilla, il nostro Tito!

Dove avete girato il cortometraggio?
Abbiamo filmato il cortometraggio a Sotillo de la Adrada, nei mesi di agosto e settembre, quando il sole picchia forte.
Manuel è stato grande. A dispetto delle nostre  preoccupazioni (mie, della mia troupe e dei suoi parenti), ha affrontato il sole con le dovute precauzioni, si è integrato perfettamente nella squadra e ha rincorso e calciato il pallone seguendo le nostre indicazioni e, soprattutto, la sua voglia di giocare.
Tito non si sente un brutto anatroccolo, perché è un cigno, da sempre. Noi grandi non lo sapevamo, non eravamo a conoscenza della forza dei suoi desideri.

E dipingere? Ci riuscirà?
Non posso svelare tutto! Vedrete!

Intervista a cura di Lisanna Cucirini
data intervista: 25 giugno 2014
pubblicazione intervista: 12 luglio 2012

Victor Nores
 
Victor Nores
scrittore e regista