Albini in Tanzania

da Nairobi, Matteo Fraschini Koffi

 

Sono da sempre nel mirino dell’intolleranza. Fino alla violenza estrema. E’ di quattro morti il bilancio dell’ultima ondata di aggressioni avvenute tra ottobre e dicembre nei confronti degli albini in Tanzania.
La Società che cerca di tutelarli nel Paese africano ha ripetutamente accusato il proprio governo di chiudere gli occhi e di non fare nulla per difendere i diritti delle persone che soffrono le conseguenze del loro essere «bianche». E così sembra accadere nella maggioranza delle nazioni del Continente. «Quando la gente mi vedeva per strada, di solito sputava in terra con disgusto. Cosa c’è peggio di questo?», racconta il cantante del Mali, Salif Keita, nel ricordare momenti della sua gioventù.
Keita, soprannominato «The golden voice of Africa» (la voce d’oro dell’Africa), la cui musica ha avuto successo per tutto il mondo, è infatti uno dei molti africani caratterizzati dall’albinismo. Un nero bianco.   

Non è ancora stato fatto un vero studio sugli albini africani, e non si hanno cifre precise, ma si stima che in alcune parti del Continente le persone con albinismo siano addirittura una su mille. Tale rara particolarità genetica si manifesta con un basso livello di melanina che rende chiari la pelle, i capelli e gli occhi. Il sole è uno dei peggiori nemici, di conseguenza gli albini sono costretti a indossare vestiti che coprano la maggioranza del corpo, a spalmarsi crema protettiva due o tre volte il giorno, e a portare, fin da giovanissimi, occhiali scuri e cappelli.
In Africa, per via della profonda ignoranza sull’argomento e della superstizione associata, gli albini sono ridicolizzati, discriminati, picchiati, perfino uccisi: pochissimi riescono a superare queste enormi difficoltà e a raggiungere posizioni sociali di rilievo.
«Tradizionalmente l’albinismo è considerato una maledizione o un tabù in Africa – spiega John Makumbe, professore albino di Scienza politica dell’università dello Zimbabwe e presidente della Zimbabwe Albino Association (ZAA). Molti credono che avere un parente albino sia una punizione degli dei nei confronti della famiglia».
In Zimbabwe, si contano circa 14.000 persone la cui esistenza è segnata dall’albinismo. «Un albino può anche innamorarsi di una ragazza, ma di solito i genitori, o il fratello o i parenti di lei l’accusano di disonorare la famiglia. La giovane, per via della pressione, è costretta a rompere la relazione, oppure sparisce senza dire niente», racconta Sanele Mtshazo, un investigatore albino che lavora per la Procura nazionale del Sudafrica.

Salvo alcune Ong sorte proprio per venire incontro alle difficoltà delle persone dalla pelle bianca, i governi continuano ad evitare l’argomento, permettendo che l’ignoranza persista. Molte persone credono, infatti, che gli albini muoiano semplicemente scomparendo, o sciogliendosi quando vengono bagnati dalla pioggia. Altri pensano che avere rapporti sessuali con un albino possa curare l’Aids, e ciò spesso si traduce in violenze e stupri, specialmente nei confronti delle donne. Nei villaggi dei Paesi africani, i bambini sono abbandonati alla nascita o, in alcuni tragici casi, vengono ancora sacrificati durante cerimonie e riti tribali. Sono perfino state trovate parti del corpo di un albino nelle  pozioni di alcuni stregoni, distribuite con l’assurda credenza che possano arricchire chi le beva.   
Nei periodi delle elezioni o durante le ricorrenze importanti per la nazione, le famiglie sono costrette a nascondere i loro figli albini poiché essi vengono minacciati da chi li ritiene portatori di sfortuna

In Namibia, per informare la popolazione sull’albinismo, molte Ong girano per i villaggi, parlando con i capi tribù, i consiglieri distrettuali e i vari leader religiosi.
Portano con sé creme protettive, occhiali scuri e cappelli, che comprano grazie a finanziamenti di enti privati. Nel cinema e nella letteratura, gli albini sono spesso raffigurati con pelle e capelli bianchissimi, occhi rosso sangue, dotati di poteri soprannaturali.  Alcuni medici consigliano addirittura l’aborto alla madri che potrebbero partorire (a causa del patrimonio genetico dei genitori) bambini con albinismo, perché sono convinti che non condurrebbero mai una vita soddisfacente e, probabilmente, morirebbero presto. Le scuole per ciechi sono spesso la prima destinazione, e la più facile soluzione, per le famiglie in cui nascono figli albini, i quali, seppur nel dieci per cento dei casi soffrano di una vista non particolarmente buona, non possono essere considerati ciechi.   
L’ambasciatore per gli albini del Malawi, il musicista Geoffry Zigoma, insiste su un punto fondamentale: «Gli albini sono come tutti gli altri esseri umani.   Però dico sempre a quelli come me di non aspettarsi aiuto dalla società. Siamo noi albini che dobbiamo lavorare sodo affinché le cose cambino».

Matteo Fraschini Koffi

Matteo Fraschini Koffi .Nato il 10 luglio del 1981 a Lomé, in Togo, uno dei più piccoli stati dell'Africa Occidentale. A dieci mesi è stato adottato da una famiglia italiana e ha iniziato la sua vita milanese. Con il sogno di diventare un inviato di guerra, ha girato per paesi come Palestina e Israele, Romania, Sudafrica, Kosovo, Iraq e Tajikistan. A 24 anni torna in Togo alla ricerca delle sue origini. Dopo tre mesi di ricerche sul prorpio passato, decide di trascorrere il resto della sua vita in Africa. A breve pubblicherà un'autobiografia intitolata I 19 giorni di Lomé. Attualmente vive in Kenia. Giornalista freelance, collabora con alcune testate italiane occupandosi esclusivamente d'Africa.