La riabilitazione visiva. Come migliorare e ottimizzare il residuo visivo?

 

LA RIABILITAZIONE VISIVA.

Come migliorare e ottimizzare il residuo visivo.

 

 

Albinismo News
intervista
il dottor Alberto Mavilio

 

La riabilitazione visiva è un campo dell'oftalmologia che si occupa del miglioramento del visus. Il trattamento è rivolto agli ipovedenti, coloro che hanno una visione inferiore ai tre decimi. Le principali figure professionali che lavorano in équipe per migliorare le capacità visive sono il medico oculista, l'ortottista, l’assistente sociale e lo psicologo.

In un primo tempo è importante stabilire, tramite esami strumentali, l'acuità visiva e il residuo perimetrico del paziente: nell’intervento riabilitativo viene stimolata l'area retinica sana, oltre a trovare ausili atti a migliorare l'autonomia del soggetto ipovedente. Il programma prevede, inoltre, l'impiego di sistemi ingrandenti e di altri dispositivi per consentire la lettura, la scrittura, l’utilizzo del computer e, più in generale, una migliore qualità della vita.

La riabilitazione è importante perché la condizione di ipovisione è determinata da patologie, come l’albinismo, che causano una minorazione visiva non correggibile con i comuni occhiali e non suscettibile di guarigione mediante terapia medica o chirurgica.

Gli interventi di rieducazione servono a ottimizzare e potenziare il residuo visivo in relazione alla mobilità, all’orientamento e all’accesso all’informazione e ad una migliore integrazione a livello sociale, scolastico e lavorativo.

L’approccio deve però essere pensato in modo globale, centrato sia sulla persona sia sul suo ambiente fisico e relazionale, perché gli effetti dell’ipovisione sulla qualità della vita non interessano soltanto l'area della funzionalità visiva, ma inevitabilmente colpiscono l'individuo a livello relazionale, psicofisico, sociale e affettivo.

Il percorso riabilitativo va oltre alla prescrizione di un ausilio, quindi, prevedendo imprescindibilmente la presa in carico del paziente ipovedente in tutti gli aspetti menzionati, soprattutto in età evolutiva. Al tempo stesso l’approccio deve anche essere individualizzato, determinando l’ipovisione un impatto funzionale ed emotivo profondamente diverso da paziente a paziente, ed all’interno del suo nucleo familiare: la disabilità ha infatti una forte impronta sugli equilibri personali e familiari, modificando in maniera sostanziale lo stile e la qualità della vita; la letteratura sull’argomento sottolinea come questo evento rompa violentemente gli equilibri preesistenti ed imponga problemi complessi.

E proprio in relazione a questo argomento, abbiamo ricevuto segnalazioni e domande: a fronte delle mails inviate ad AlbinismoNews e dei genitori che ci hanno reso partecipi di dubbi e domande, abbiamo pensato di incontrare uno specialista, Alberto Mavilio , oculista presso “La Nostra Famiglia” di Ostuni (BR) (associazione la nostra famiglia ) per chiedere perché, seppur importante, l’intervento riabilitativo in età evolutiva sia raramente consigliato dagli specialisti per i soggetti albini. Ecco gli elementi sottolineati e chiariti in seguito al nostro colloquio.

1. Dottor Mavilio, come mai è raro che gli oculisti consiglino un programma di riabilitazione specifica ai bambini affetti da albinismo?

«Non è sorprendente che molti colleghi non suggeriscano la riabilitazione per soggetti albini in età evolutiva, perché spesso la diagnosi di albinismo viene fatta tardivamente, non essendo la prima causa correlata ad ipovisione e nistagmo. Di certo, avere l’occasione di lavorare in un centro specializzato aumenta le possibilità di diagnosticare precocemente l’albinismo e di iniziare un programma riabilitativo ad hoc. Questo tipo di azione è infatti importante perché va ad “aggiustare” un assetto particolare nel sistema visivo albino che è quello caratterizzato da ipoplasia della macula. Ebbene, questa composizione presenta delle peculiarità, per fare un esempio è come se ci trovassimo di fronte ad un arto che funziona male, come accade nella paralisi ostetrica che una volta non era prassi curare, mentre attualmente si riabilita con recupero funzionale: nell’albinismo assistiamo ad una ipotrofia della fovea (vedi anche "la macula lutea e la fovea centralis"), che va quindi allenata e stimolata».

2. In che modo viene recuperata la funzionalità della fovea?

«Gli esercizi riabilitativi stimolano e rafforzano l’ipoplasia, bilanciando il deficit con una stimolazione superiore a quanto previsto dalla natura. Inoltre, irrobustiscono gli stimoli alla visione binoculare. Infatti, nei soggetti non albini, fissando un oggetto, l’immagine viene fusa in una sola rappresentazione cerebrale. Nell’individuo albino, invece, quasi tutte le fibre si incrociano portando ad una binocularità davvero anomala: l’intervento riabilitativo mira appunto ad allenare l’occhio ad una visione binoculare più vicina a quella di un soggetto non affetto da nessuna patologia oculare (per saperne di più: apparato visivo nei soggetti albini; fenotipo oftalmologico albinotico)».

3. Qual è l’età migliore per iniziare la riabilitazione?

«Diciamo che è quella dove il bambino è più collaborativo, dai 3 anni in su, fino all’età scolare, anche se è vero che si incomincia anche dai 15 mesi/2 anni. Intorno ai 6 anni, infatti, l’età plastica si esaurisce e, come in altri disturbi tipo l’ambliopia , agire dopo i 6-8 anni è pressoché inutile».  

 


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Intervista a cura di Cristina Federica Sarcinella
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