Una come me

“Come pietre nel fiume”. Ursula Hegi. Universale Economica Feltrinelli.

UNA LETTURA TERAPEUTICA
Consiglio di leggere  "Come pietre nel fiume" di Ursula Hegi.
(si trova anche nelle biblioteche pubbliche e, per chi ci vede poco,  presso il Centro Internazionale del Libro Parlato di Feltre).
E’ il libro più bello che io conosca sulla consapevolezza della diversità e la sua  difficile elaborazione.
E' ambientato in una piccola città della Germania al tempo dell’ascesa di Hitler.
La protagonista, Trudi, deve fare i conti con  il suo aspetto fisico, che  è diverso da quello di tutti gli altri: è infatti nana (in tedesco “zwerg”, parola che non viene tradotta).
Non bisogna dimenticare che le anomalie ereditarie erano considerate dai nazisti una grave offesa alla purezza della razza, e come tale venivano “punite”. Il vissuto della diversità  viene espresso dalla narratrice in un modo profondo  ed efficace.



Trudi seduta lungo al riva del fiume
"TRUDI" by Melusinda


Incontro con Pia  - L’isola
Indimenticabile è per Trudi l’incontro con la prima “donna zwerg” della sua vita:  Pia, artista di circo. Per avvicinarsi a lei la ragazzina si offre come volontaria in un gioco di prestigio. Pia la presenta così:
Sembra che abbiamo un volontario. Viene dall’isola magica da cui vengo anch’io. L’isola della gente piccola, dove sono tutti della nostra altezza…
 
Trudi capisce subito che questo incontro è fondamentale per la sua crescita, e la sera stessa va ad incontrare Pia, per farle tutte le domande che non ha mai potuto fare a nessuno.
 
Pia indossava una vestaglia di seta  ricamata e non parve sorpresa di vederla.
“Non avevo mai incontrato nessuno come me.” Trudi lo disse lentamente. E poi lo disse ancora: “Non avevo mai incontrato nessuno come me.”
“Oh, ma noi siamo dappertutto…in luoghi diversi…
Sono sempre soli. Nei miei viaggi, non li cerco mai. Sono loro che trovano me.”  I suoi occhi erano esattamente all’altezza di quelli di Trudi “Vogliono sapere degli altri. Proprio come te.”
“Quell’isola…?”
“E’ per tutti noi. Sta a te sognare come arrivarci.”
“Perché non possiamo stare tutti nello stesso luogo?”
“Ci siamo. Si chiama terra.”
“No, non volevo dire quello. Lo sapete.”
“Sarebbe meglio?”
“Non sarei sola.”
“Non lo sei.”
“In questo paese, lo sono.”
Pia annuì, pensierosa: “Quando ho la sensazione di essere l’unica, immagino centinaia di persone come me… in tutto il mondo, che si sentono isolate, e allora mi sento unita a loro.” Indicò una poltroncina imbottita. “Siediti se vuoi.”
Quando Trudi si sedette, notò che i piedi toccavano terra e non rimanevano sospesi nel vuoto. Sorrise fra sé, promettendosi che in quel mondo dove i sedili dei tram  e i banchi dei negozi erano sempre troppo alti, da quel momento nella sua casa lei avrebbe avuto mobili fatti a misura della sua altezza.  Gli altri bambini erano cresciuti fino ad adattarsi al mobilio dei loro genitori,  mentre per lei le cose erano rimaste troppo alte. […]
“Ne avete conosciuto cento come noi?”
“Cento e quattro”
“Allora li contate?”
“E come non potrei?”
Stordita dalla gioia, Trudi riusciva a sentirli – tutti e centoquattro -  vicini a lei come se fossero stati lì nella roulotte, e in quell’istante capì che per Pia  essere una Zwerg era normale, perfino bello. Per Pia le braccia lunghe erano brutte, le gambe lunghe instabili. Le persone alte avevano un aspetto strano, erano troppo lontane dalla terra con la loro andatura traballante. Trudi guardò Pia che la stava osservando, in silenzio, come se capisse quello che lei pensava, e si sentì unita alla terra, molto più che se avesse avuto le gambe lunghe. [...]
“Non provate mai il desiderio di guardare dritto in faccia le persone?”
“Invece di guardare sempre dal basso verso l’alto e di vedere il loro mento e i peli del loro naso?...
“Ma allora vedrò solo le loro pance, le ginocchia, le cinture...”
“I loro culi grassi. ..Ragazza mia…” Pia rise fino a farsi venire le lacrime agli occhi. “Ma non per molto ancora.  Dimmi, che cosa fai se qualcuno ti parla a voce molto bassa? “
“Mi avvicino.”
“Giusto.”
Trudi attese, ma Pia rimase a guardarla  senza dire un’altra parola, con un’espressione divertita.
“Volete dire…”
“Prova.”
“Si chineranno verso di me?”
“Non tutti. Ma molti sì. A patto che ti ricordi di non guardare in alto.”
“Ci proverò. Grazie”    [...]  “Voglio venire con voi.”
“Sei ancora una bambina.”
“Avrò quattordici anni l’anno prossimo.”
 Pia annuì. “… anche se ti portassi con me, non servirebbe a cancellare in te la sensazione di essere la sola. Nessuno se non tu può cambiare questo. Così.” Strinse le corte braccia intorno al corpo. Cullandosi avanti e indietro, sorrise.
“ Un giorno te lo ricorderai,”  promise la donna Zwerg.


Per saperne di più:
 
Ursula Hegi

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